DECIMA  OPERA

L’esistenza è figlia dell’inesistenza così come la fine non è che un nuovo inizio

Siamo giunti nel cuore dell’opera a cui sono più affezionato.

Sul piano verticale, sono rappresentati due differenti aspetti della realtà. 

Da una parte trovano posto gli elementi naturali perturbatori del nostro paesaggio, costituiti dal fuoco espulso da un vulcano attivo e dai vortici dell’acqua alimentati da una tempesta.

Da alcune particelle presenti in questo scenario, prende forma una donna che, per un breve tempo, varca la propria dimensione per abbracciare il proprio uomo che la attende nel mondo dei vivi.

L’opera crea questa continuità.

Anche se per una frazione di tempo, l’uomo ritrova la propria donna.

Ogni uomo o donna può rivedere il proprio amore defunto seguendo varie strade.

Io ne ho aperto una mia augurandomi che in essa possano rivedersi altre persone.

Dall’altro lato del piano, lo scenario naturale cambia ma… non il senso della comunicazione.

In quest’altro caso troviamo la quiete e un giovane uomo non più appartenente alla nostra dimensione, materializzato dagli elementi naturali del paesaggio che ne hanno permesso un momentaneo distacco per consentirgli il congiungimento con i propri cari.

La famiglia lo attende al di la del piano, nella nostra dimensione terrena,  per fargli un intimo saluto.

Una bambina gli prende le gambe che escono dal piano mentre una donna lo avvolge nei suoi capelli, quasi a volerne allungare il suo abbraccio.

Un ragazzo lo piange nella solitudine del proprio dolore mentre un’altra figura, distesa supina e ormai nel vortice della morte, inizia a de-materializzarsi diventando acqua al fine di passare attraverso quel “cancello dimensionale” che lo reclama.

Penso che un artista non debba limitare la propria ricerca dell’armonia soltanto all’interno dei nostri cinque sensi.

L’armonia esiste anche al di fuori di essi che, sovente, generano coni d’ombra.

Basta saperla illuminare con la luce giusta. 

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